CHI SONO GLI ALPINI
Soldati Particolari
CHI SONO GLI ALPINI
SOLDATI PARTICOLARI
Poiché parliamo di alpini, è giusto porsi la domanda e cercare di dare una risposta. Sono soldati diversi dagli altri? Sono migliori? Sono peggiori? Sono simpatici? Sono sbruffoni? … di certo sono soldati particolari, addestrati in maniera specifica per un ambiente altrettanto particolare.
Ufficialmente gli Alpini nascono nel 1872 per opera del Generale Giuseppe Perrucchetti, ma la loro origine è fatta addirittura ai tempi di Cesare Augusto che volle alcune legioni alpine a difesa della cerchia dei monti che proteggevano la Val Padana: Legio Alpina Julia Prima, Secunda e Tertia, quest’ultima reclutata nel Veneto Orientale.
Lo scopo delle truppe alpine è di operare in montagna a difesa dei confini dell’Italia, in qualsiasi condizione o avversità. Per questo motivo l’addestramento è particolarmente curato e la resistenza alla fatica ed allo sforzo fisico diventa fondamentale. Tutto ciò, unito all’amore per le montagne, lega in particolare questi soldati che si ritengono Alpini per sempre, con vincoli di fratellanza e di amicizia verso tutte le altre truppe da montagna del mondo.
Il primo cappello con la penna era a forma di bombetta, ed arriva nel 1873: l’aquila (che si vede in moltissimi stemmi alpini) è apposta sul cappello nel 1880. La marcia d’ordinanza (1891), che suona sempre quando gli alpini sfilano, è il famoso Trentatrè. Lo zaino, pesante come un armadio, è esistito da sempre! Le cante alpine sono ormai patrimonio di tutti.
Il battesimo del fuoco lo ebbero ad Adua, in Africa (!), nel 1896 e da allora parteciparono a tutte le campagne ed a tutte le guerre sempre in prima linea (Ortigara, Pasubio, Grappa, Tofane, Piave, Albania, Abissinia, Russia…) scrivendo la loro leggenda con il sangue di innumerevoli Caduti.
Fino a poco tempo fa le Brigate Alpine erano cinque: Cadore, Julia, Orobica, Taurinense e Tridentina.
Oggi, nel quadro di ristrutturazione dell’esercito, tutto è stato ridimensionato: gli Alpini sono soldati di professione e, tra loro, ci sono anche le donne. Rimane, pur trasformata, la vecchia SMALP (Scuola Militare Alpina) che oggi è divenuta “Centro di addestramento alpino – Scuola Militare” che forma Ufficiali e Sottufficiali delle truppe di montagna provenienti anche dall’estero.
Lo spirito di corpo degli Alpini, così famoso, non nasce dal fatto di portare la stessa divisa, ma dalla condivisione delle fatiche, dei sacrifici richiesti a chi opera in montagna, dalla rinuncia di un bene proprio a favore di chi è in difficoltà, dal sorriso che nasce spontaneo dopo una maledetta marcia.
Volendo si potrebbero scrivere pagine e pagine sull’eroismo, sulla tenacia, sulla testardaggine degli Alpini, ma questo lo possiamo trovare nelle specifiche pubblicazioni che, di certo, non mancano. Di sicuro, conoscendoli, scoprirete che sono uomini che si considerano sempre al servizio della Patria e del prossimo e che conservano un cameratismo che supera qualsiasi barriera sociale e qualunque ostacolo. Le curiosità di seguito riportate ci aiutano a capirli ancora meglio.
Prima guerra mondiale
Gli alpini erano soldati che si distinguevano per lo strano cappello con una penna d’aquila e lo zaino super-pesante che portavano sulla schiena. In montagna non avevano auto o camion ma i loro fedeli muli. Erano chiamati a difendere i paesi e le valli dove abitavano e non erano contenti di fare la guerra poiché, fra i nemici, spesso c’erano degli amici che abitavano poco lontani da loro.
Quanto freddo dentro alle trincee: ghiaccio, pioggia, neve e fango ed allora gli Alpini si costruivano dei ripari di legno per poter sopravvivere. Nei momenti di tristezza o di allegria cantavano pensando alle famiglie e così sono nati i canti degli Alpini che ascoltiamo ancora oggi.
Spesso Alpini e Austriaci si aiutavano: si scambiavano i viveri, permettevano di raccogliere i Caduti e soccorrere i feriti, addirittura si scambiavano gli auguri di Natale. Per conquistare il Monte Lagazuoi scavarono dentro alla roccia (in salita!) una galleria lunga un chilometro con la pendenza del 75% e sorpresero gli Austriaci.
Il capitano austriaco Emanuel Barboka fu sepolto dagli Alpini con gli onori militari. Per loro il valore dell’avversario era degno del massimo rispetto.
Cesare Battisti fu volontario alpino a quarant’anni. Volle combattere sempre dove era più dura la battaglia; sapeva che poteva morire, ma non si tirò mai indietro. Ebbe molte medaglie per il suo valore. Fu preso prigioniero ed impiccato nel castello di Trento insieme all’amico Fabio Filzi.
L’Alpino Angiolin Schiochet era chiamato dagli Austriaci “teufel” – diavolo – poiché ogni volta li sorprendeva in posti impossibili e li faceva prigionieri. C’era pure un premio per chi lo avesse ucciso.
Sul M. Freikofel 12 Alpini riuscirono a catturare, con l’astuzia, ben 220 prigionieri austriaci in un colpo solo.
I quattro fratelli Calvi, tutti alpini, eroi di guerra furono decorati con ben undici medaglie al valore.
Il generale Cantore, dritto guardava con il cannocchiale le postazioni nemiche e tutti gli dicevano di nascondersi: non volle farlo e fu colpito in piena fronte sulle montagne vicino a Cortina sulla Tofana di Rozes. Fu sepolto con i suoi Alpini. Terminato il conflitto, la salma fu inumata nel sacrario militare di Pocol, assieme a quelle di quasi altri diecimila soldati.
Vittorio Montiglio un giorno fece a pugni con un professore tedesco che aveva insultato gli italiani. A quindici anni riuscì a farsi ammettere nell’esercito e divenne il più giovane ufficiale della storia. Combatté, come Alpino, su vari fronti e si guadagnò una Medaglia d’Oro.
Nella prima guerra furono impiegate le prime donne: le portatrici carniche che portavano vivere e munizioni ai soldati nelle trincee; una di loro (Maria Plozner Mentil) cadde eroicamente e fu decorata con Medaglia d’Oro. A Paluzza c’era la caserma a lei intitolata.
Oggi gli Alpini italiani e quelli austriaci, ricordano insieme i loro Caduti e si trovano come amici, ogni anno, in diverse cerimonie sulle Alpi.
Seconda guerra mondiale
L’Alpino Giuseppe Toigo, armato di mitragliatrice, si fece legare su un carro tedesco per meglio colpire il nemico: tornò cieco al suo paese.
Il generale Umberto Ricagno, che gli Alpini della Julia chiamavano papà, fu catturato dai russi e tornò in Patria dopo ben sette anni di prigionia, nel 1950.
Il Capitano Giuseppe Grandi, del Battaglione Tirano, mentre stava per morire a causa delle ferite ricevute durante l’assalto alla testa della sua compagnia, volle cantare con i suoi Alpini “Il testamento del Capitano” esortandoli ad non essere tristi. Fu decorato con una Medaglia d’Oro alla memoria.
Più di una volta gli Alpini sono andati all’assalto con la baionetta sia nella prima che nella seconda guerra mondiale. L’hanno fatto le nappine blu dell’Aquila, quelle verdi del Cividale, quelle rosse del Tolmezzo e quelle bianche del Gemona. Sapevano che la baionetta era la disperazione, l’ultimo assalto, il corpo a corpo, ma … un bacio alla foto dei famigliari e via senza esitazioni!
Don Carlo Gnocchi, in qualità di Cappellano seguì la Tridentina in Russia e partecipò alle tragiche giornate della ritirata nel 1943. Fu decorato con Medaglia d’Argento sul Campo. È venerato come beato dalla Chiesa cattolica.
Il Generale Luigi Reverberi, alla guida della Tridentina, per uscire dalla Sacca, durante la battaglia di Nikolajewka, balzado su un carro armato gridò ai suoi Alpini le famose le parole “Tridentina Avanti!”
Padre Giovanni Brevi, decorato con Medaglia d’Oro al valor Militare, si fece ben dodici anni di prigionia in Russia e fu rimpatriato nel gennaio 1954.
L’Avvocato Giuseppe Prisco, del Battaglione L’Aquila, era il figlio di un Alpino che combatté con l’Exilles nella prima guerra mondiale; suo figlio, anche lui Alpino, ha prestato servizio nella sua stessa compagnia, la 108°, trent’anni dopo in tempo di pace.
Fonte: Un cammino lungo 70 Anni – Libro sulla storia del gruppo